Sgnorete e lusariòle (Libellule e lucciole) è una raccolta scelta di poesie e canzoni: le poesie sono di Sergio Donna e le canzoni di Bruno Baudissone e Giuseppe Novajra. Tre artisti che, messi insieme, sono garanzia di uno spettacolo assicurato. E proprio uno spettacolo è il libro stesso: spettacolo nei testi delle liriche, spettacolo nelle musiche, e spettacolo nelle illustrazioni di Dorella Gigliotti. Che sono come scenari, scenari che ti lasciano stupefatto e che rendono ancora più attraente ed appagante la già gran bellezza della scrittura.
Sergio Donna, l’Autore dei testi poetici e l’inventore di tutto il progetto, mi aveva chiesto se avessi voluto redigere la “Prefazione” di questo lavoro. È stato un grande piacere farlo! Perché? Ma perché già soltanto il titolo del libro dà l’indicazione di un qualcosa di fresco, vivo, gioioso, con tanti colori lucenti. E il libro tiene fede alla parola data.
È un “ricamo” di scritti seri per ricordare che non tutto nella vita è solo una cosa da prendere sul ridere, ma c’è anche il male, la cattiveria, la violenza. Ma gli scritti su temi seri e grevi, come le poesie “8 dë Stèmber 1943 | 8 Settembre 1943” o “Ant ël canton pì creus | Nell’angolo più profondo”, si mescolano, nel ricamo, proprio come nella vita, con i divertissements ingegnosi delle belle filastrocche che Sergio sa trarre dai vecchi ricordi di ragazzo e rinnovare, come “Lumassa, lumassòla | Lumaca, lumachina” o “Dindalan”, o scriverne altre del giorno d’oggi, come “Aviaria” e “Dësgagia filèt tributari | Scioglilingua tributario”, mettendo insieme un libro che ti fa pensare senza annoiarti, e più spesso ti rallegra e ti ricrea, per quello stile particolare che resta garbato, anche quando Sergio Donna scrive versi più ironici e scherzosi.
Se leggi, nelle ultime pagine del libro, l’Indice, vedi che le poesie dovrebbero essere 34. Ma non è così. Perché 34 sono le poesie scritte in lingua piemontese. Poi però ci sono le versioni delle stesse in lingua tricolore o della festa (come si chiamavano, una volta, quelle in lingua italiana) che, pur restando fedeli ai testi in piemontese, sono delle autentiche poesie a sé, non meno prive di fascino e di originalità.
E non basta: come ghiotte ciliegine sulla torta ci sono anche le canzoni dei due compositori: Bruno Baudissone e Giuseppe Novajra. Che è un altro modo per riprendere le tematiche delle poesie e riscriverle con altre parole e con le note musicali.
Tutto questo lo rende un libro ricco. Ma non solo per la quantità (che sarebbe un valore relativo); ma soprattutto per la qualità, la sostanza, lo spessore dei concetti che sgorgano evidenti nelle poesie più profonde di pensiero (“ij tò magon, / ch’a l’han cissà, / neuve sorgiss ëd vita, / lë s-ciòde ’d n’àutra primavera”, da“Ant ël canton pì creus | Nell’angolo più profondo”); o nel ricordo di un nostro carissimo, comune, amico, Vittorio Fenocchio, che ci ha lasciato all’improvviso e dove sono sufficienti pochi versi a dipingerlo nella sua esteriorità/interiorità (“la riga da na part, / e ’n bron cit e dësbela / calà giù da la front. / It ses andatne, Tòjo, / portandte tò soris / e col ësguard ësvicio / che ’n pòch am fasìa anghicio, / ma a l’era così bel ”, da “It ses andatne, Tòjo | Te ne sei andato, Tojo”); o ancora nel richiamare alla memoria ciò che si è fissato nella mente e nel cuore di un ragazzo e che per sempre sopravviverà (“Son arcòrd sarà ant ël cheur, / son cunà dai mè pensé”, da “Sgnorete e lusariòle | Libellule e lucciole”).
E che dire di quelle più effervescenti, frizzanti, birbantelle? Qui c’è un’ironia che lascia il segno e che induce al sorriso. Anche solo l’idea di scrivere un “Dësgagia filèt tributari” (uno “Scioglilingua tributario”) è già, di per se, un’invenzione bislacca; se poi dici: “Le sacòce bele plà, / borgiachin sensa pì ‘n pich. / Tari Tasi Trise e Tuc: / coj ch’a-i vagno son ij rich, / coj ch’a-i gionto a son j’oloch”. Allora la bravura nel far ridere, anche se amaro, è sicura, e sicuro è il trastullo.
Libro che per gli adulti può essere utile in tutti i modi: per riempirsi il cuore di sentimenti affascinanti (“Spaciafornel | Spazzacamino”); per rinfrancarsi con delle sane risate (“Garofo e Canela | Garofano e Cannella”); per rileggere la storia del Piemonte in maniera divertente (“Carlo (In)Felice | Na figura da cicolaté”; “La Bela Rosin”); per ripassare la lingua piemontese anche nelle parole ormai quasi in disuso, ma che sono tanto belle ed espressive. E poi, per avere sotto mano qualcosa per insegnare nuovamente il piemontese ai ragazzini (“Meusia la fiòca a fiòca, pasia, candia” una delicata lirica ispirata alla poesia “Orfano”, di Giovanni Pascoli; “Cicolata | Cioccolato”, e altre ancora).
Se poi c’è qualcuno che conosce anche le note musicali e sa suonare qualche strumento si ritrova anche gli spartiti delle canzoni.
Cosa volete di più da una Raccolta di poesie!?
Sergio Notario
(Soa Ecelensa Ratòira: Giari Tre Nos)
Ca dë Studi Piemontèis
(Sua Eccellenza Topesca: Giari Tre Nos | Topo tre Noci)
Centro Studi Piemontesi
“Sgnorete e lusariòle a l’è ‘n lìber che ai grand a peul andé bin an tute le manere: për ampinisse ’l cheur ëd sentiment ancreus; për arpatesse con ëd bele rijade; për rilese la stòria dël Piemont an manera amusanta; për arpassé la lenga piemontèisa ’dcò bin ant ij termo pì nen tant ëd mòda, ma ch’a son tant bej e ch’a diso tant; e peui për avèj sotman quaicòsa për mostreje torna ’l piemontèis a le masnà.
Se peui a-i é quaidun ch’a conòss ëdcò le nòte musicaj e a sà soné quaich strument a treuva ’dcò le nòte dle canson.
Còsa ch’i veule ’d pì da n’Archeujta ’d poesìe !?”
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